venerdì 4 gennaio 2013


di LEONARDO FACCO
Giorgio Napolitano ha alzato il ditino raggrinzito ed ha ammonito a brutto muso:“Vergogna”! Per non dare adito al “popolino” di fraintendere il contenuto del suo messaggio, ha pensato bene di prendere ispirazione da un certo postribolo laziale zeppo di maiali – usi grufolare con e senza maschera tra i soldi dei tassati – ed ha tuonato con veemenza: “Una vergogna gli scandali in Regione. Uno smacco per la gente onesta. Cose inimmaginabili”. Perdinci, l’uomo del Colle ha detto no! E lo ha fatto dall’alto di quel suo immacolato curriculum vitae – come racconta da sempre la stampa “regimental” – che farebbe di lui un moderno San Francesco, un esemplare modello di politico tricolorito, l’improduttivo più amato dagli italiani.
Ma è davvero così? Ho qualche dubbio, e solo chi è senza peccato potrebbe scagliare la prima pietra. Vorrei suffragare con dei fatti, che vi riporto in rapida sequenza, il passato del presidente.
1- Trattativa Stato-Mafia. E’ uno degli avvenimenti balzati alle cronache recentemente, benché i fatti risalgano agli anni in cui esplodevano bombette tra Milano e Firenze e saltavano per aria i magistrati. Al netto della querelle “giuridico-istituzionale” sull’opportunità o meno di intercettare il Capo dello Stato (degno teatrino degli azzeccagarbugli nostrani) è risaputo che Napolitano ha discusso al telefono – di quei lontani “anni di tritolo” siciliano – con tale Nicola Mancino, ex ministro dell’Interno, del quale è confermata la falsa testimonianza nel processo di Palermo.
2- La figliolanza. Giulio Napolitano è il figlio dell’indignado quirinalizio. Lavora come consigliere per la Presidenza del Consiglio. Il cucciolo della signora Clio è diventato professore ordinario all’Università del Molise. Come ci sia riuscito, lo lascio scoprire a voi: è sufficiente che leggiate l’articoletto che pubblicammo qualche tempo fa, cliccate e leggetevelo.
3- L’onorevole continentale. Re Giorgio ha frequentato tutte le botteghe più oscure della politica e tra i tanti scranni che ha scaldato c’è anche quello di europarlamentare. Viaggiando da Roma a Bruxelles, e ritorno, gli sarebbe balenata per la testa la meravigliosa idea di fare la cresta sui rimborsi dei biglietti aerei, esempio di cristallina moralità peninsulare, di cui si erge a censore. Per chi non ne fosse a conoscenza, consiglio la visione di questo video, che impazza sulla rete da tempo, ma che è inesistente per le mammasantissime tv.
4- Il soviet supremo. Il “migliorista” (già iscritto al fascistissimo G.U.F.) – il nostro, notizia per i più giovani, apparteneva ad una corrente evoluta del partito comunista inventata da Salvatore Veca – non s’è mai contraddistinto per prendere le distanze dalle tonnellate di rubli che arrivavano da Mosca e finivano direttamente nelle casse del Pci. Grazie anche a quei fondi illegali dell’allora “nemico dell’Occidente”, l’URSS, la carriera del “primo cittadino d’Italia” è andata via liscia come l’olio.
5- Forza cingolati: Correva l’anno 1956, i carri armati sovietici invadevano Budapest e dintorni. Insieme a molti compagnucci, anche l’attuale presidente della Repubblica manifestò il suo orgoglio per quel “gesto pacifista”. Riprendo da Storialibera.it: “Nel 1956, all’indomani dell’invasione dei carri armati sovietici a Budapest, mentre Antonio Giolitti e altri dirigenti comunisti di primo piano lasciarono il Partito Comunista Italiano, mentre “l’Unità” definiva «teppisti» gli operai e gli studenti insorti, Giorgio Napolitano si profondeva in elogi ai sovietici. L’Unione Sovietica, infatti, secondo lui, sparando con i carri armati sulle folle inermi e facendo fucilare i rivoltosi di Budapest, avrebbe addirittura contribuito a rafforzare la «pace nel mondo»…”.
Lasciamo perdere il suo ruolo di manovratore all’atto dell’insediamento di Mario Monti, ce n’è abbastanza per pensare che il Napolitano di oggi è solo uno di quei fenomeni mediatici del momento che, per chi ha a cuore la libertà, fa venir voglia di gridare vendetta. Se poi penso che le sue invettive contro i “Polverini boy’s” le ha lanciate davanti ad una folla di bambinelli plaudenti e con bandierina d’ordinanza dell’italia rifilata loro tra le mani, un po’dei suoi strali moralisti mi verrebbe voglia di rispedirli al mittente. Quelli come lui andrebbero ricordati per quello che sono, e sono stati. Per farlo ruberò le parole a due filosofi.
Uno è Marcel de Corte, che sosteneva che“Il comunismo non è altro che l’intellettuale moderno al potere, convinto di saper convertire in realtà il mito che il suo cervello, sradicato dalla realtà, ha concepito in un mondo di cui egli è il solo autore”. L’altra è Ayn Rand, dalla quale ho imparato a non amare i politici:“Il bisogno fondamentale del parassita è quello di assicurarsi i legami con gli uomini per venir nutrito. In primo luogo egli considera le relazioni. Dichiara che l’uomo esiste per servire gli altri. Però predica l’altruismo”.
Come sintetizzare? Le rampogne di Napolitano son fuori tempo e fuori luogo, perché – senza sapere di esserlo – quest’uomo è il presidente esemplare per tutti “Er Batman” d’Italia, che nonostante abbiano le mani sporche di marmellata  trovano sempre un nutrito manipolo di giornalisti accondiscendenti che garantisce loro – con tanto di tappeto rosso – di urlarci in faccia che “tutto quel che han fatto è perfettamente legale”. Domanda: non è forse Napolitano, come da Costituzione, il garante della legalità di questo paese? Aveva ragione H. L. Mencken, reporter d’altri tempi: “La democrazia è l’adorazione degli sciacalli da parte dei somari”!

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