sabato 12 gennaio 2013

Appalti pilotati tra mazzette e regali


Appalti pilotati tra mazzette e regali

Il direttore del Poma Stucchi verso il processo per corruzione e turbativa d’asta. Coinvolto il cognato di Formigoni
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    di Roberto Bo
    MILANO. Chiusa l’inchiesta sui presunti appalti pilotati in Lombardia nel settore della sanità. I pm milanesi, dopo oltre due anni di lavoro, hanno notificato l’avviso di chiusura delle indagini, in vista della richiesta di rinvio a giudizio, a quindici persone.
    Tra queste c’è anche il direttore generale dell’azienda ospedaliera Carlo Poma, Luca Stucchi. Il manager era stato indagato a fine 2010 per turbativa d’asta e corruzione in relazione all’affidamento del servizio di brokeraggio assicurativo. In quei giorni negli uffici di Stucchi era arrivata la polizia che aveva sequestrato alcuni documenti sul bando di gara. Negli atti dell’accusa si fa riferimento all’alterazione della gara d’appalto per favorire una compagnia d’assicurazione.
    Ieri la stringata dichiarazione: «Il mio avvocato non ha ancora ricevuto nulla. Comunque appena prenderò visione degli atti presenterò la mia memoria difensiva. Sono sicuro che il mio comportamento è stato lecito e ho fiducia nella magistratura».
    Proprio in queste ore il pubblico ministro Tiziana Siciliano della procura di Milano ha notificato l'avviso di chiusura indagini (415 bis) anche ad altri volti noti in Regione, tra cui l'ex assessore regionale e cognato di Formigoni, Guido Boscagli; il capogruppo del Pdl al Pirellone Paolo Valentini e l'ex direttore generale della sanità lombarda Carlo Lucchina. Le accuse vanno dalla turbativa d'asta alla corruzione nell'ambito dell'inchiesta sulle presunte irregolarità negli appalti per la telemedicina che hanno riguardato alcuni ospedali della Lombardia tra cui quello di Lecco.
    L'inchiesta oltre al progetto Telemedicina affidato alla Multimedia Hospital, una società che aveva stipulato un accordo per installare in 26 ospedali della Lombardia un canale tv a circuito chiuso con informazioni sanitarie e pubblicità, riguarda anche i contratti di assicurazione e brokeraggio per le aziende sanitarie. Secondo la ricostruzione degli inquirenti Lucchina, Boscagli e Valentini, con altri, avrebbero organizzato riunioni al Pirellone per favorire l'assegnazione dei contratti a una joint venture tra due società, la Marsh Italia e la Gbs (quest'ultima però non ha alcun dirigente indagato) considerata vicina al centrodestra. Quella chiusa ieri, tra l’altro, è la quarta inchiesta istruita dalla Procura di Milano a carico di Lucchina.
    Due filoni d’indagine, quindi: quello cosiddetto della Telemedicina e quello sul brokeraggio assicurativo. Secondo il castello accusatorio, però, il meccanismo dell’affidamento sul brokeraggio era andato incontro a un intoppo: gli inquirenti, che si sono avvalsi anche di intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, ritengono che Stucchi avesse raggiunto un accordo con un’altra società, dalla quale si sarebbe fatto promettere regalie, denaro e altri benefici come l’aiuto a vendere una casa a Milano appartenente a una zia. In particolare dall’indagine sarebbe emerso che l’ex assessore Boscagli avrebbe fatto pressione sul manager del Poma affinché si prodigasse per affidare l’appalto a una società romana definita «più affine ai nostri orientamenti».
    Nell'avviso di chiusura delle indagini si legge anche che il direttore generale della Sanità lombarda, Carlo Lucchina, e l'ex assessore Giulio Boscagli sarebbero stati i «referenti politico-amministrativi» del direttore generale dell'ospedale di Mantova. Nel dicembre 2009, sempre stando alle carte dell'inchiesta, Lucchina e Boscagli avrebbero convocato il responsabile dell'ospedale «nei propri uffici presso la Regione per impartirgli specifiche direttive sull'esito della gara esplorativa indetta il primo aprile 2009, specificando in tali occasioni la decisa volontà, manifestata anche dal consigliere regionale Paolo Valentini, di procedere all'aggiudicazione della gara in favore della società Gbs, perché ritenuta politicamente vicina». Chiesta l’archiviazione per il giornalista Oscar Giannino, candidato premier per “Fare, per fermare il declino”, che avrebbe dovuto essere il direttore di un canale tv negli ospedali

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