Roma, l’accusa di un imprenditore
«Versata una maxi tangente alla segretaria di Alemanno»
Scuote i piani alti del Campidoglio All’inchiesta su una commessa da venti milioni di euro del 2009 per l’acquisto di quaranta bus da parte di «Roma Metropolitane», società del Comune di Roma.
Appalto che sarebbe stato subordinato, secondo la Procura della Capitale, a una maxi tangente da 600 mila euro realizzato tramite il meccanismo delle sovrafatturazioni. I mezzi, mai entrati in circolazione, sono destinati al corridoio della mobilità Laurentina. A dare un impulso determinante per fare luce sul caso è stato un imprenditore originario di Verona, ma residente a Praga da 40 anni: Edoardo D’Incà Levis. Arrestato il mese scorso, l’imprenditore ha detto agli inquirenti che il suo ruolo nella vicenda è stato in sostanza quello di procacciare il denaro in nero attraverso il quale la Breda Menarini, una delle aziende fornitrice dei bus, avrebbe pagato la mazzetta. Circostanza che ha portato in carcere qualche giorno fa Roberto Ceraudo, ex amministratore delegato proprio dell’azienda del gruppo Finmeccanica. «Ceraudo – ha dichiarato l’8 gennaio scorso D’Incà Levis al gip – fece riferimento alla "segreteria di Alemanno" come destinataria delle risorse finanziarie». Parlando di una «lobby Rome», D’Incà Levis, tornato in libertà, afferma, secondo quanto emerge dal verbale di interrogatorio: «Ceraudo mi disse che la politica voleva ancora soldi; non precisò, né io chiesi, se la segreteria di Alemanno fosse destinataria di tutto o di parte delle risorse». Secca la replica del sindaco: «La mia segreteria non ha mai preso denaro e non ha mai interferito negli appalti».
Nessun commento:
Posta un commento