mercoledì 5 giugno 2013

POLITICA
Ancora presto per fare numeri ma c'è chi parla di 180 in cassa integrazione. Il tesoriere del Pd Antonio Misiani propone la sua soluzione: “I contributi si possono lasciare con poche regole, controlli e trasparenza”.

Pd, 180 in "cassa"? Misiani
Senza soldi pubblici
tagli inevitabili

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Crisi economica e crisi dei partiti. Sembrano le facce della stessa medaglia. Nell’onda lunga di una crisi economica che non sembra finire, il dibattito sul finanziamento pubblico scuote le strutture dei partiti. Antonio Misiani, parlamentrare di Bergamo, tesoriere nazionale del Partito Democratico annuncia che alla luce del taglio dei finanziamenti pubblici, tanto più se si arriverà all'abolizione, è pronto a compiere dei tagli con ripercussione anche sul personale.
"Senza finanziamenti pubblici è inevitabile un ridimensionamento della struttura - spiega Misiani -. Con le rappresentanze dei lavoratori discuteremo degli strumenti da adottare".
C’è chi sostiene che il Pd abbia una situazione economica “drammatica” e che ci sarebbe un rischio cassa integrazione per 180 dipendenti. E’ vero?
"No. Non ho mai parlato di numeri, anche perché non sarei in condizione di farne. E’ prematuro quantificare tagli o licenziamenti anche perché la nuova normativa sul finanziamento dei partiti in arrivo ancora non è nota. Certo se si prevede un riduzione dei finanziamenti si dovrà ridimensionare il partito in base alle risorse”.
Il dibattito sull’abrogazione del finanziamento ai partiti è il frutto della crisi economica o della politica?
“Il Paese vive una crisi politica, oltre che economica, che è drammatica. Il finanziamento ai partiti è l’epicentro di questa crisi dei partiti, i cittadini hanno indicato con una libera scelta che bisogna cambiare e quindi dobbiamo cambiare”.
Senza finanziamenti ai partiti sarebbe pronto a licenziare o a ricorrere alla cassa integrazione per i dipendenti del Partito Democratico?
“Credo che bisognerebbe prestare più attenzione a chi nei partiti lavora. Il resto per ora sono solo ipotesi senza fondamento”.
Non crede che abolendo il finanziamento ai partiti si rischia che la politica sia relegata solamente a chi ha denaro?
“No. Io credo che tra l’abolizione totale e il finanziamento ai partiti come lo abbiamo conosciuto finora esista una terza via: lasciare un minimo di finanziamenti con regole chiare, controlli periodici e puntuali e trasparenza nei conti”.
Sulla riforma del finanziamento, al presidente del Consiglio Enrico Letta è stata consegnata una roposta di legge firmata da alcuni deputati del Pd. Un provvedimento prevede tre strumenti per ripartire dalla libera scelta dei cittadini: il contributo pari all'uno per mille del gettito Irpef da ripartire secondo le indicazioni dei contribuenti; il credito d'imposta per le libere donazioni private con massimali ben definiti; il rimborso parziale delle spese elettorali effettivamente sostenute.

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